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La Propoli, dalle origini al suo utilizzo in agricoltura biologica

Alla fine degli anni ’50 e ’60, le preoccupazioni per il rapido aumento della popolazione mondiale e la carenza di cibo hanno stimolato gli sforzi per aumentare i raccolti, portando a un aumento significativo dell’uso di prodotti agrochimici, con conseguenze negative sull’ambiente, sulla salute umana e animale, nonché sulla qualità del cibo stesso. L’uso eccessivo o inappropriato di questi prodotti ha provocato il loro accumulo negli ecosistemi e l’inquinamento dell’ambiente.

Oggi vi è una maggior ricerca e sensibilità nell’utilizzo di sostanze chimiche nell’agricoltura, spingendo alla ricerca continua di prodotti naturali che abbiano il minor impatto ambientale e il maggior rispetto verso la salute dell’uomo e dell’ambiente, a sostegno di un agricoltura sostenibile.

La Propoli

La propoli è una sostanza complessa, resinosa, raccolta dalle api che finisce per mescolarsi alle cere e alle secrezioni salivari degli insetti stessi, che le api usano per sigillare e disinfettare l’interno dell’alveare.

Ha una gamma di sfumature che vanno dal marrone, marrone-verdastro e rossastro, al nero. È dura alle basse temperature ma diventa malleabile a partire da circa 15ºC.

Ha proprietà battericide e antimicotiche ben note e utilizzate nella cura naturale di malattie infettive lievi (mal di gola, denti, ferite o attacchi fungini sulla pelle), ma che possono essere utilizzate con successo anche nei trattamenti fitosanitari in agricoltura, soprattutto per curare le malattie fungine in giardino, negli alberi da frutto e in viticoltura.

I prodotti che vengono utilizzati per migliorare i sistemi agricoli e che sono costituiti da sostanze naturali sono chiamati biopreparati, tra questi troviamo:

  • biofertilizzanti
  • biostimolanti
  • bioinsetticidi
  • bio-fungicidi

La propoli appartiene a quest’ultima categoria e sono sempre più numerose le evidenze scientifiche che dimostrano la sua efficacia come fungicida.

La parola propoli deriva dal greco propolis (sobborgo) e si riferisce alla sua posizione negli alveari. Questa sostanza è fin nota dall’antichità: in Egitto per diversi millenni, prima della nostra era, era usato dai sacerdoti, nella Bibbia si menziona come balsamo o resina, ed era usata in Oriente, in Cina, India e Persia, oltre che in Grecia ed a Roma.

Gli Inca usavano la propoli per curare le malattie infettive; nell’Unione Sovietica ne fecero ricorso durante la seconda guerra mondiale come disinfettante per le ferite, e in tempi più recenti è stata data in uso a medici e veterinari a Cuba.

A seconda delle specie vegetali vicine agli alveari dove si raccoglie la propoli, acquista un profumo più o meno penetrante e un sapore che varia tra l’acre e l’amaro.

Al suo interno troviamo come componenti: resine, balsami, cere, oli essenziali, composti volatili, polline e secrezioni salivari delle api, inoltre le analisi rivelano anche piccole quantità di terpeni e tannini.

Delle resine e dei balsami, i composti con la più alta attività biologica sono fenoli e flavonoidi, le cui molecole complesse praticamente non si dissolvono in acqua ma sono altamente solubili in etanolo, metanolo e cloroformio.

Le api raccolgono la propoli con le mascelle e il primo paio di zampe. Lo portano all’alveare sul terzo paio di zampe, in una concavità in cui di solito trasportano il polline. Una volta nell’alveare, lo depositano nelle celle dove la regina deporrà le sue uova e in varie fessure che si formano nella struttura dell’alveare. Ciò disinfetterebbe le celle in cui si schiuderanno le larve e impedirebbe l’ingresso di aria fredda invernale e calda estiva. Ogni alveare produce tra 5 e 500 g di propoli all’anno, a seconda della vegetazione circostante e della genetica delle api stesse.

propoli

La Propoli, metodi di raccolta e usi in Agricoltura

Gli apicoltori usano due metodi per raccoglierlo:

  1. Uno è raschiare con una spatola i punti in cui le api lo hanno depositato, cosa che viene fatta durante la pulizia e la riparazione degli alveari. È una procedura macchinosa e scomoda a causa della sua bassa produttività e del rischio di contaminazione del prodotto.
  2. L’altro metodo consiste nel posizionare le reti nell’alveare in modo tale che le api riempiano i loro buchi di propoli, la cui raccolta in questo caso è più facile, poiché richiede solo la rimozione della rete, e fornisce un prodotto di qualità superiore.

Tutte le propoli inibiscono in misura maggiore o minore la crescita microbica, indipendentemente dalla loro varia origine e composizione chimica. La sua attività antibatterica, antimicotica e antivirale è stata studiata con una certa frequenza per l’uso in medicina e medicina veterinaria. Al contrario, le sue proprietà antimicotiche che possono essere utilizzate in agricoltura hanno ricevuto meno attenzione, ma oggi iniziano ad assumere un ruolo importante e sempre più conosciuto.

Negli ultimi decenni si è dimostrato un’utile alternativa per controllare i funghi durante la conservazione e la manipolazione post-raccolta in alcuni frutti e ortaggi. È stato osservato che inibiva la crescita, tra gli altri, del fungo Botrytis cinerea, che attacca l’uva.

L’effetto antimicotico della propoli ha promosso lo sviluppo di bio-fungicidi a base di questo prezioso elemento.

Questi bio-fungicidi vengono presentati oggi come uno strumento promettente per praticare l’agricoltura in modo rispettoso dell’ambiente.

L’utilizzo della propoli come materia prima permetterebbe anche agli apicoltori di aggiungere mercato per questo prodotto e apportare maggior valore economico.

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